Da un po’ di tempo va di moda un dibattito linguistico sull’uso dei femminili e sul linguaggio inclusivo. Spesso però le mode non hanno niente a che fare con la riflessione e la conoscenza ma si abbracciano senza troppi perché e si finisce per trascendere. E’ stato il caso degli asterischi e delle schwa per evitare di escludere il genere femminile dai plurali. 

linguaggio

Il dibattito sull’uso della lingua non sessista va avanti dal 1986 quando Alma Sabatini scrisse le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana. Un dibattito portato avanti soprattutto fino ad oggi. Ne hanno scritto e parlato ampiamente linguiste di alto livello come Stefania Cavagnoli, Cecilia Robustelli e tante altre. Ma ci sembra ancora cacofonico o strano o inutile e superfluo dire magistrata – sottolineato in rosso da word o wp – o sindaca, ingegnera o architetta o qualsiasi professione legata storicamente alla figura maschile e quindi socialmente associata solo al maschile della nostra lingua.

Ma guarda un po’ questi femminili esistono, semplicemente non venivano usati. Esistono sin dal latino, agli albori della nostra lingua. Avvocata, che sembra tanto poco digeribile per le stesse avvocate, viene dal latino ad-vocatus, ad-vocata. Senza inventare avvocatessa e altri orrori linguistici. Mi è capitato, addirittura, di sentire “io voglio farmi chiamare un’avvocato” andando così contro ogni ragione della lingua italiana chissà per quale motivo.

Linguaggio inclusivo o semplicemente corretto

Da linguista non ne faccio una questione idealista o femminista. Sicuramente ogni scelta, ogni parola è una scelta politica e sicuramente un linguaggio corretto – non inclusivo perchè non c’è niente da includere è la realtà dei fatti IL GENERE FEMMINILE ESISTE NELLA REALTA’ E NELLA LINGUA  – contribuisce ad una visione più aperta e meno sessista dei parlanti. Ma la questione è molto semplice, non c’è da essere d’accordo o meno: è così.

Facciamo tutto questo casino ogni volta che non ci piace una parola che esiste nel dizionario italiano? Perchè non ci scagliamo contro “piuttosto che” con funzione disgiuntiva che si sta diffondendo a macchia d’olio senza più riparo ed è realmente sbagliato? Ci provoca qualche disturbo o irritazione la desinenza -in tedesco ad ogni professione declinata al femminile? Allora perché dovrebbe una -a che svolge la stessa funzione?

La lingua ha un forte potere, quello di plasmare la società. Abbiamo l’occasione di apprendere l’equità e la parità dalla nostra stessa lingua e la neghiamo declassando questi insegnamenti a cacofonici, forzati perché “non suonano”.

Schwa e asterischi: inclusione o politically correct?

Dall’altra parte però più che la bellezza e la complessità della nostra lingua ci buttiamo in pieno nelle mode a favore del politically correct. La sociolinguista Vera Gheno ha lanciato in modo provocatorio l’alternativa dello schwa al plurale collettivo. Lo schwa ə è un fonema dell’IPA (alfabeto fonetico internazionale) e quindi non una vocale tradizionale ma è stato accolto con maggior successo di un “banalissimo” femminile come “magistrata”.

I detrattori dello schwa ci sono, soprattutto quelli dell’asterisco, e forse a buon ragione perché oramai si vedono solo asterischi, come se le parole avessero bisogno tutte di una spiegazione e un chiarimento a piè pagine. Lo schwa ha avuto molto successo per chi non si riconosce nei due generi, sognando una sorta di neutro, lo schwa ha sopperito a questa mancanza. Ma così dovrebbe essere anche al singolare, questo significherebbe una pioggia di schwa quando si parla con una persona non binaria.

L’onda di asterischi e schwa sembra solo dettata dall’hype senza una reale riflessione dietro, lo si usa perché altrimenti si discrimina e anche perché fa figo: essere politically correct acchiappa più like e più followers. E come in ogni cosa, soprattutto sul web e sui social ci si improvvisa linguisti, attivisti come allenatori e politologi. Stravolgere tutto ed esagerare a volte può fare assist ai detrattori chiusi maschilisti e sessisti per un brutto autogol. Quindi battiamoci per prima cosa su quello che la nostra lingua ci offre sotto al naso. Usare i femminili singolari soprattutto per le cariche istituzionali e le professioni di rilievo. Mettere in risalto questo genere non eliminarlo a colpi di schwa e asterischi ma forzarlo nella mente e nella lingua dei parlanti.

Per citare, “Le parole sono importanti” e il linguaggio è la base dell’educazione per un mondo migliore.

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